I Funghi




La gastronomia della Campania è molto rinomata, soprattutto per i prodotti che la generosità del territorio elargisce a piene mani. Alcuni di essi sono ottenuti per mezzo del lavoro dell’uomo, tramite coltivazioni, allevamenti e trasformazioni (vini, formaggi, salumi etc…); altri nascono e crescono spontaneamente, grazie a particolari caratteristiche climatiche e di salubrità dell’ambiente. Tra essi vale la pena menzionare i funghi.

I funghi rappresentano un gruppo di organismi viventi paragonabili a vegetali molto atipici: infatti, a differenza di questi ultimi, sono sprovvisti di clorofilla e differiscono dalla maggior parte delle piante perché necessitano per vivere di sostanze già elaborate da altri esseri viventi, in quanto non in grado di elaborarle o di fabbricarsele da soli. Essi assomigliano alle piante verdi perché, tranne poche eccezioni, hanno pareti cellulari definite e, proprio come le piante, sono immobili. Infine si riproducono per mezzo di spore, che si possono paragonare ai semi dei vegetali superiori. Però i funghi non hanno fusto, radici o foglie e sono sprovvisti del sistema vascolare, che dalle radici porta la linfa vitale a risalire il tronco fino a raggiungere i rami e le foglie, tipico delle piante. Come qualsiasi organismo vivente, anch’essi sono formati dall’insieme di un numero indefinito di cellule, dove per cellula intendiamo il sistema base delle struttura e del funzionamento di ogni organismo vivente. La parte principale del fungo è formato da una sottile ed intricata rete di filamenti biancastri, il più delle volte invisibili ad occhio nudo, che, partendo dalla base del gambo, si diramano nel suolo e nel terreno sottostante, talvolta anche per parecchie decine di metri di lunghezza.

Funghi porcini

Per distinguere un fungo commestibile da uno tossico o velenoso occorre studiarlo in tutti i suoi caratteri distintivi (morfologici, organolettici, anatomici, ecologici etc.) e quindi identificare in modo certo ed accurato tutti gli elementi: solo così si potrà inquadrare senza ombra di dubbio genere e specie di appartenenza. Non esistono, pertanto, metodi empirici o prove varie, purtroppo ancora diffuse nelle credenza popolare, per determinare la commestibilità o meno di un fungo.
La crescita dei funghi è in gran parte legata ai cicli stagionali e, nell’ambito delle singole stagioni, dalle condizioni climatiche. Come regola generale si può dire che per poter “andare a funghi”, senza correre il rischio di tornare a mani vuote, occorre che si verifichino determinate condizioni di temperatura, generalmente comprese tra i 15 e i 25 gradi, e che queste si accompagnino ad un certo grado di umidità nel terreno; è noto che, per il suo sviluppo, la maggior parte dei funghi, esige un clima caldo umido. Non è un caso che la produzione fungina raggiunga i suoi livelli più elevati nel periodo compreso tra la metà di agosto e la metà di ottobre.
Le giornate burrascose, così come il vento e la prolungata siccità determinano condizioni particolarmente sfavorevoli alla produzione fungina; se questi fattori si sommano o si alternano essa addirittura scompare. Non necessariamente però la “pianta del fungo”, vale a dire il micelio, muore; essa più semplicemente arresta la sua attività e il fungo va “in letargo” (può durare anche degli anni). Come criterio generale per la raccolta si può dire che durante i periodi più caldi, senza o con scarse precipitazioni e quindi con un grado di umidità piuttosto basso nel terreno, la ricerca dovrà essere indirizzata in zone esposte prevalentemente a Nord, mentre nei periodi con clima caldo (ma non troppo) e umido, la ricerca dovrà essere fatta in aree più esposte a Sud.
A seconda della propria abituale stagione di crescita, si può dire che i funghi si trovano dappertutto: lungo le sponde dei fiumi e litorali di mari, nei boschi di pianura, di collina e di montagna, anche a quote piuttosto alte (fino a 2.500 mt.), nei prati e nei pascoli, negli orti, nei giardini. Talvolta possono crescere anche nelle case, specialmente in campagna, ad esempio in cantina, nella stalla, sotto il porticato, sulle travi di legno o sui depositi di segatura. Nonostante la loro estrema adattabilità, l’habitat ideale per i funghi rimane però sempre il bosco, in tutte le sue infinite varietà. Esistono però zone più adatte di altre alla crescita dei funghi e che quindi meglio si presentano alla ricerca e alla raccolta: sono le radure, gli spazi aperti, illuminati, arieggiati, in particolare la fascia cosiddetta di confine fra prato e bosco dove, dall’inizio dell’estate fino all’autunno inoltrato, si possono trovare in quantità notevoli.



Le regole fondamentali che un buon raccoglitore di funghi deve rispettare sono poche ma essenziali. Incominciamo da zero: la scelta di un buon bastone in legno è essenziale perché, serve a spostare le foglie che nascondono i funghi. Chi raccoglie i funghi ha, di solito, un bastone a cui è affezionato, ma per una persona che è alle sue prime esperienze raccomandiamo un bastone robusto e lungo almeno da terra al proprio bacino (ricordatevi di non rompere i rami degli alberi per creare il vostro bastone, ma raccogliete da terra un ramo già secco e adattatelo alle vostre esigenze).
La seconda regola fondamentale è quella di munirsi di un cesto in vimini o di qualsiasi altro materiale, che permetta però la circolazione dell’aria all’interno e alle spore di cadere, in modo da assicurare un futuro alla specie fungina. Scegliete il cesto in maniera adeguata, non troppo grande, ne troppo piccolo, creando uno strato morbido in gommapiuma nel manico e un laccio che vi permetta di portare in spalla il cesto: tutto questo per rendere meno faticose le vostre passeggiate nel bosco.
Appena trovate un fungo non toccatelo mai con le mani al primo impatto, ma assicuratevi della non velenosità ed in caso contrario lasciatelo stare (non rompetelo, né calpestatelo perché, anche il più piccolo essere vivente, contribuisce all’equilibrio dell’ecosistema). Nel caso in cui il fungo non sia velenoso, raccoglietelo e aiutandovi con il coltello, pulite per bene la base del gambo in modo che la terra, il micelio e le altre sostanze depositate su questo, possano cadere, dando la possibilità al fungo di riprodursi.

RIFERIMENTI PER LA COMMESTIBILITA’

Come sappiamo l’ingestione di funghi dichiarati velenosi può causare spiacevoli incidenti, fino ad arrivare al decesso, allo stesso modo il consumo di funghi dichiarati commestibili esige alcune consapevolezze dalle quali non si può prescindere.
Per commestibilità di una determinata specie si intende l’assenza di principi tossici. Tale criterio è quello di base e, al contempo, è quello meno soggetto a interpretazioni: la commestibilità è definita per assenza di una condizione, più che per una caratteristica propria. Per le specie non sufficientemente indagate, ma potenzialmente tossiche date le affinità botaniche con specie riconosciute tali, si introdurrà il giudizio di “sospetto”. A questo proposito è bene sottolineare che la composizione chimico-tossicologica è stata studiata solo su poche specie velenose: per tutti gli altri funghi, compresi quelli dichiarati commestibili, ben poco si sa in tal senso.
La commestibilità deve essere riferita, in ogni caso, a funghi sani e in buono stato. I funghi dal precario stato di conservazione, dovuto alla degradazione temporale o ambientale possono essere, oltre che poco appetibili, decisamente pericolosi: funghi troppo imbibiti, troppo vecchi o mal conservati non devono essere consumati. L’ambiente nel quale il fungo cresce può produrre effetti negativi sulla sua commestibilità. Secondo credenze popolari, il chiodo arrugginito, o il morso della vipera, o ancora lo straccio fradicio, erano responsabili della non commestibilità, ma si tratta piuttosto degli effetti che gli elementi inquinanti hanno sui funghi, come l’uso dei pesticidi in agricoltura che produce una sorta di tossicità indiretta, sui funghi la vicinanza di arterie ad alto scorrimento di traffico sconsigliano la prossimità a zone industriali, urbane e minerarie.
Si consiglia perciò di cibarsi di funghi con cautela e con parsimonia.

La nostra ricetta: Tagliatelle ai funghi porcini (per quattro persone)

Cuocete i funghi porcini ( 500 gr. già mondati e tagliati a pezzetti di medie dimensioni) con una grossa noce di burro (circa 80 gr.) in una casseruola abbastanza grande, lasciando evaporare l’acqua che contengono. Mescolate spesso per evitare che si attacchino. Ponete sul fuoco una capiente pentola con acqua salata e portatela a bollore.
Cuocete le tagliatelle (250 gr.) al dente. Abbassate la fiamma sotto la pentola dei funghi, aggingete la panna da cucina ( 200 gr.)e il prezzemolo tritato. Aggiustate di sale e pepe. Scolate le tagliatelle, rovesciatele nella pentola dei funghi, fate saltare su fiamma media per circa un minuto. Servite le tagliatelle cosparse di parmigiano.
Fabio Capuano