Le ricette della tradizione contadina

Antiche ricette della tradizione contadina meridionale, spesso ottenute con ingredienti poveri, sempre presenti nelle cucine rurali, e utilizzando verdure selvatiche componenti d’avanzo che non andavano mai sprecati. Spesso si condivano con sale grosso, per poterne sgranocchiare qualche grano con abbondante vino.

Con il termine dieta si è soliti indicare il modo di vita e di alimentazione di un popolo. Nella zona meridionale della nostra penisola si è venuta affermando, nel corso dei secoli, un’alimentazione quotidiana basata sui prodotti tipici di queste zone, come il pane e la pasta, i legumi, l’olio, le verdure e i formaggi, la frutta e il vino. In queste terre vi è una molteplicità di pietanze, che sono frutto di una elaborazione centenaria, e l’ottimo clima di queste regioni ha favorito lo sviluppo di una fiorente agricoltura e la possibilità di coltivare cereali, patate, legumi, ulivi, alberi da frutta e vigneti. Un autorevole fisiologo americano di nome Ancel Keys pensò di andare a trascorrere la sua vecchiaia in una zona molto tranquilla del meridione, il Cilento, che si estende dalle regioni della Campania meridionale alla Basilicata occidentale. Il fisiologo, osservando le abitudini alimentari di questa popolazione, notò che la bassa incidenza di malattie cardiovascolari era dovuta proprio al tipo di alimentazione che essa adottava per tradizione secolare. Egli vide che i principali prodotti presenti sulle tavole cilentane erano vegetali, irrorati dall’ottimo olio d’oliva, e centrale era il ruolo degli amidi, pasta e pane fatto in casa.

Di grande importanza erano i legumi secchi, perché ricchi di fibre; inoltre la povertà di grassi e proteine aiutava quel popolo a tenersi lontano da malattie cardiovascolari. Qualcuno erroneamente tende a definire questo tipo di alimentazione come dieta mediterranea, ma pane , pasta, legumi, olio, prodotti insomma della terra, possono essere inglobati sotto questo termine? No! Bisogna sicuramente palare di dieta meridionale, anzi di dieta cilentana, legata ad una terra che ha alla base della sua gastronomia il gusto e il piacere per la buona tavola, nel ricordo delle tradizioni. La cucina cilentana vuole conservare i sapori naturali dei suoi prodotti, la loro genuinità e freschezza. Allora è giusto ricordare alcune ricette della cucina contadina che senz’altro è la più vicina alla tradizione.

Le ricette della tradizione contadina

Pane cotto

Ingredienti: 200/300 gr. di pane casereccio raffermo, 4 uova, 50 gr. di porri, prezzemolo, olio di oliva extravergine, sale e peperoncino a volontà.

In un tegame si riscalda l’olio e si aggiungono i porri ed il peperoncino, facendo soffriggere per qualche minuto, quindi si aggiunge un po’ d’acqua e quando questa bolle si cuociono le uova con il prezzemolo, girando dolcemente con un cucchiaio di legno. Si versa il tutto sulle fette di pane appena abbrustolite, sistemate in un tegame di coccio. Tipico piatto contadino, ottenuto con ingredienti poveri, sempre presenti nella cucina meridionale, e utilizzando pane d’avanzo.

Fusilli con la mollica

Ingredienti: 400 gr. di farina di grano duro, 100 gr. di mollica di pane raffermo, olio di oliva extra-vergine, prezzemolo, aglio, sale.

Si preparano i fusilli (detti anche ferricelli): impastando la farina con acqua e sale, si lavora il composto fino a renderlo omogeneo, e quindi si ricavano cilindri lunghi circa 10 cm. Ogni cilindro si lavora avvolgendolo con la mano attorno al ferretto, che poi si sfila, lasciandolo asciugare su di un vassoio di vimini o “spasa”. Si scalda poi l’olio in una padella e si aggiunge l’aglio con il pane sbriciolato finemente. Girare con un cucchiaio di legno e versare sulla pasta cotta al dente, coprendo con
prezzemolo crudo.

Favette e cicoria

Ingredienti: 400 gr. di fave secche, 1 kg. di cicoria, olio extra-vergine di oliva, aglio.

Si lasciano a bagno le fave per una notte e al mattino si cuociono in una pentola di terracotta con acqua salata fino a quando si disfano, girando spesso con un mestolo di legno per farne quasi una purea. Lavare accuratamente la cicoria, lessarla in acqua salata e unirla infine alla purea cospargendola di olio di oliva crudo.

Polenta con fagioli

Ingredienti: 50 gr. di sugna, 1 spicchio d’aglio, 1 litro e mezzo di acqua, 300 gr. di fagioli bolliti, 500 gr. farina di granone, sale.

Si lascia friggere fino alla doratura lo spicchio d’agli nella sugna: poi si toglie l’aglio e si aggiunge il mezzo litro d’acqua. Poi quando l’acqua bolle si aggiungono i 300 gr. di fagioli già bolliti, il sale e i 500 gr. di farina di granone a pioggia, in modo che non si creino grumi. Quindi mescolare e cuocere per venti minuti.

Costolette di agnello

Ingredienti: 1 kg. di costolette di agnello, ½ kg. di patate, olio extra-vergine di oliva, 1 cipolla, aglio, prezzemolo, ruta, rosmarino, 2 pomodori, sale.

Si sistemano le costolette in un tegame con le patate tagliate a spicchi, l’olio e gli aromi, ed un po’ d’acqua. Coprire il tegame da forno con carta stagnola e fare cuocere per circa due ore.

Frittata di maccheroni

Ingredienti: 500 gr. di maccheroni, 75 gr. di parmigiano, 3 uova, 20 gr. di burro, olio, sale, pepe e prezzemolo.

Usate i maccheroni del giorno precedente, comunque siano stati conditi, grattugiate il formaggio e spargetelo sulla pasta insieme al burro e al prezzemolo. Battete delle uova con sale e pepe ed aggiungete i maccheroni, rimestando in modo che si formi un’amalgama. Versate l’impasto in una padella con olio. Distendere la pasta e cuocere a fuoco lento. Girate la frittata su un piatto, e mettetela in padella per far cuocere la parte opposta.

Cinghiale alla lucana

Ingredienti: 2 carote, 2 cipolle, 2 coste di sedano, 2 mezzi bicchieri d’olio, 1,5 kg di pezzi di cinghiale, ben lavato, 1 rametto di rosmarino, mezzo litro di vino rosso di corpo, 1 cipolla piccola, 1 spicchio di aglio schiacciato, peperoncino secondo il gusto, 200 gr. di passata di pomodoro, sale, pepe, mezzo litro di brodo.

Rosolare in mezzo bicchiere d’olio le carote, la cipolla e il sedano tritato, e versarli sulla carne messa in un tegame con il rosmarino ed il vino. Marinare per 12 ore.
In una casseruola, poi, rosolare nell’altro mezzo bicchiere di olio la cipolla, l’aglio e la cipolla piccola con il peperoncino. Aggiungere la carne con la marinata e la passata di pomodoro. Togliere dal fornello e mettere in forno preriscaldato a 200 gradi per 1 ora, e quindi per un’altra ora a 180 gradi, bagnando all’occorrenza con il brodo. Togliere la carne quando è ben cotta e tenera e tenerla in caldo. Sciogliere le incrostazioni di grasso con il brodo, passare la salsa e condire la carne con sale e pepe.

Le pennette del massaro

Preparare un sughetto leggero, molto diluito, facendo soffriggere in olio e sugna un po’ di cipolla con funghi affettati e 300 gr di pomodori pelati.

Cuocere mezzo chilo di pennette ben al dente e condire in una coppa ampia con 300 gr di pecorino Canestrato di Moliterno grattugiato e scaglie di ricotta forte, mescolando bene. Quindi versare il sughetto su tutta la superficie, senza mescolare e coprendo per alcuni minuti con un coperchio.
La tradizione vuole che questo piatto sia servito in una tavola dove tutti i commensali, muniti solo della propria forchetta, mangiano dallo stesso piatto!

La carchiola

La “carchiola” è una tipica focaccia azzima a base di farina di mais, attualmente prodotta soltanto da pochi agricoltori, custodi della civiltà contadina e di antiche tradizioni, che garantiscono, nel contempo, la salvaguardia della biodiversità che va sempre più impoverendosi.

Il mais, notoriamente “coltura da rinnovo”, viene seminato in asciutta su terreni arati freschi, di media montagna, nel periodo primaverile-estivo (da ciò “maisa” cioè maggese), spesso consociato con fagioli, cavoli, patate ed altre piante orticole. La granella,ottenuta verso la fine dell’estate, viene macinata nei mulini a pietra, prevalentemente alimentati ad acqua, e la farina, impastata con acqua, viene utilizzata per la produzione di focacce, cotte poi sulla brace, su apposite graticole circolari rotanti su un perno centrale.

La carchiola ha costituito l’alimento cardine per molte generazioni di contadini, soprattutto nelle zone rurali montane, fino a poco dopo la seconda guerra mondiale, quando venne gradualmente sostituita dal pane di grano. Figlia di una povertà quantitativa e qualitativa, durante il periodo fascista, a causa della razionalizzazione della farina di grano, la carchiola veniva spesso consumata in un unico pasto, al mattino, unitamente a minestre di cavoli e patate o rape, prima di affrontare una dura giornata di lavoro, mentre il pane di grano era riservato solo agli anziani ed ai malati, come testimoniano alcuni modi di dire diffusi nell’Aviglianese.

La riscoperta della carchiola si prefigge di realizzare una mini-filiera al servizio degli agriturismi che potranno così arricchire il loro menù con un prodotto che racconta la storia, la cultura e la tradizione di una popolazione e di un territorio.

Gino Jaco