Non si può entrare in sintonia con un territorio prescindendo dalla sua gastronomia e dai suoi prodotti tipici. Il fico bianco del Cilento DOP conserva il legame con questo ampio territorio divenuto parco nazionale. Per conoscerlo meglio ci siamo recati a Prignano Cilento, una delle principali zone di produzione.
E’ sempre un piacere per me raggiungere il Cilento.Oggi è la giornata ideale, pur essendo a metà ottobre inoltrato la temperatura è quasi estiva e la strada praticamente deserta mi permette di godere del territorio circostante composto da colline che digradano dolcemente verso il mare regalando panorami che alternano paesaggi bucolici a viste sul vicino mare. Mentre ascendo la collina su cui il paese di Prignano Cilento è appollaiato scorgo tra la vegetazione, in prevalenza costituita da ulivi e viti, diverse piante di fico, uno dei motivi che mi hanno permesso di regalarmi questa giornata cilentana.
Perché tanta attenzione verso una coltura tutto sommato di nicchia e da sempre considerata la parente povera di altre più blasonate quali quella dell’ulivo? Il motivo è semplice, il fico ha da sempre rappresentato per le misere popolazioni di braccianti meridionali una riserva di energia a basso costo. Spesso quest’albero, che non richiede alcuna cura particolare, ha rappresentato la differenza tra la vita e la morte e la capacità dei cilentani di conservarne i frutti sotto forma di prodotto secco ha consentito loro di sopravvivere anche in condizioni di carestia o nel periodo invernale quando è più difficile trovare di che nutrirsi. Ben meritato è quindi l’appellativo di pane dei poveri.
Al giorno d’oggi, per fortuna, le carestie non rappresentano più un pericolo ed il fico essiccato fa parte delle tradizionali leccornie natalizie, da consumarsi al naturale oppure farcito con mandorle, noci, nocciole, semi di finocchietto, bucce di agrumi o, per i palati più raffinati,ricoperto di cioccolato fondente.
Le gentilissime addette dell’infopoint comunale mi raccontano che questa pianta è originaria dell’Arabia e che fu introdotta nel sud Italia dai coloni greci. Addirittura già nel V secolo a.C. i fichi essiccati venivano commercializzati dalla Vicina città di Paestum che dista appena 11km da Prignano Cilento. Le mie informatissime interlocutrici mi ricordano che poco meno del 40% della produzione nazionale proviene dal Cilento e che la varietà tipica di questa zona è la “dottato” che fruttifica due volte all’anno, nel mese di giugno con i cosiddetti fioroni mentre tra agosto e settembre giunge a maturazione il fico vero e proprio. Tra le altre varietà presenti sul territorio c’è il fico Troiano, il fico Melanzana, ed il Santa Maria.
Una specialità tipica di Prignano Cilento è il fico secco pelato a cui viene tolta la scorza esterna prima dell’essiccazione. L’ipotesi più attendibile sulla nascita di questa tradizione è la necessità di produrre cibo per il bestiame a cui per l’appunto venivano destinate le scorze. Purtroppo l’eccessivo lavoro di cui necessita sta rendendo sempre più rara questa leccornia.
La visita ad un produttore locale mi permette di comprendere anche il metodo di lavorazione che conserva le sue caratteristiche tradizionali.
L’essiccazione avviene in due fasi, dapprima si lascia sulla pianta il frutto ad essiccare finchè non si disidrati almeno del 50% e poi, una volta raccolto, viene adagiato su contenitori fatti con ginestre intrecciate ed esposto al sole per una decina di giorni. Talvolta viene infornato ad una temperatura non superiore ai 50 gradi.
La visita è stata molto istruttiva ed anche golosa, ovviamente non mi sono lasciato sfuggire l’occasione di gustare il prodotto generosamente offertomi.