Perché sarebbe preferibile usare dieta meridionale e non dieta Mediterranea come universalmente conosciuta?
Come spiegato nella storia della nascita della dieta meridionale, si capisce facilmente che chiamando mediterranea la nostra dieta si incorre in un errore terminologico che porta ad una enorme confusione geografica. Mediterranea è la Spagna, la Tunisia, la Grecia, la Jugoslavia, e poi la Francia con la sua cucina esattamente all’opposto della nostra dieta. Ma non è dieta mediterranea nemmeno la sana cucina Italiana, bolognese, torinese, trentina, siciliana o romana che sia, potendo in questa distinzione scindere in migliaia le abitudini culinarie, tutte diverse, che costellano il nostro variopinto paese, tutte alla fine racchiuse nel calderone massificato del “made in Italy”.
Con la globalizzazione e la massificazione industriale dei prodotti alimentari, al giorno d’oggi, alcuni prodotti tipici sono a rischio d’estinzione, gli operatori artigianali tradizionali diminuiscono e i loro saperi non si trasmettono alle nuove generazioni, la competenza si limita agli aspetti tecnici, senza salvaguardare quelli della cultura e dell’identità. Occorre, perciò, riscoprire e recuperare l’autentica identità culturale enogastronomia di ogni territorio, tecniche che potremo definire “rurali”,per mezzo di una sapiente offerta che coinvolga l’intera filiera turistico-ricettivo-culturale, proponendo un turismo non invasivo, rispettoso della dignità culturale locale, alla quale fare riferimento.
Ecco, quindi, perchè Meridionale, in quanto, oggi, solo il nostro meridione, e particolarmente le aree interne, dove l’ecocompatibile c’à sempre stato di proprio e non è una moda degli ultimi anni, riesce a fornire materie prime alimentari di produzione, si direbbe, familiare, che si avvicinano a quanto di più naturale sia possibile ed all’opposto del prodotto industriale.
La vera dieta mediterranea è, perciò, solo ed esclusivamente quella derivata dalle abitudini alimentari del nostro meridione d’Italia, circoscritto all’antico territorio che i Romani chiamavano Lucania e che oggi è racchiuso al confine tra le regioni Campania meridionale e Basilicata occidentale con il nome di Cilento.
In queste zone, ancora oggi, si ha l’opportunità di avvicinarsi ai piatti della tradizione, confezionati con materie prime originarie, senza manipolazioni transgeniche e non omologati da trattamenti industriali e commerciali che appiattiscono ogni gusto e profumo. Se si capirà che il vero cibo naturale, il vero vino, il vero olio sono materia vivente ed in costante evoluzione, si capirà anche come questi prodotti non potranno mai essere prodotti industriali, per loro natura inerti, sempre uguali a se stessi, morti; prodotti simili alla ormai dilagante “gassosa scura” che troneggia, con i suoi rossi totem, in tutti i moderni fast food, pub, e paninoteche, locali questi, estranei alle nostre radici di contadini, abituati a cercare, sempre, il più buono, il più fresco, il più genuino.
Gino Jaco